Il Re Torrismondo di Torquato Tasso (1587), oggetto di una recente rivalutazione critica, è probabilmente la più suggestiva tragedia volgare del '500. Tasso ambienta in una remota e desolata terra nordica la vicenda del tormentoso conflitto fra amore e amicizia di Torrismondo, dilaniato fra la passione per Alvida, principessa di Norvegia, e la lealtà verso il re di Svezia Germondo, cui Alvida è promessa sposa. In un crescendo di tensioni violente appare anche il tema dell'incesto, quando Torrismondo scopre che Alvida è sua sorella; e questo è il preludio alla catastrofe conclusiva: il suicidio degli amanti. Se sperimentando la tragedia, genere aristotelicamente «perfetto», il poeta s'inoltra in un cammino arduo e di fascino meno immediato rispetto a quelli della favola pastorale (Aminta) e del poema eroico (Gerusalemme liberata), egli riesce comunque a lasciarvi la propria impronta inconfondibile: Tasso si muove nello spazio a lui congeniale, suggestivamente «melanconico» più che tragico in senso stretto, della vana aspirazione alla virtu' tutta umana della libertà affettiva. La frustrazione e la sconfitta di tale anelito, necessarie alla catarsi conclusiva prevista dalla tragedia, non si riducono nel Torrismondo a semplici convenzioni: a subire la rovina, in atmosfera di disperato pessimismo «cosmico», è alla fine l'umanità tutta, giacché la vita è comunque destinata a lacrime e dolore. Il vagheggiamento della libertà di scelta e dell'autenticità degli affetti accanto all'amara ammissione che il riscatto, almeno su questa terra, è impossibile, costituisce il messaggio di alta moralità che fonda la riflessione poetica di Tasso e ne percorre tutta l'opera.